Rimettiamo mano all’aratro. Perché dovrebbe vincere l’incomprensione? Calenda e Renzi, con carismi diversi, possono legittimamente rivendicare un ruolo da protagonisti. Insomma, anche il centro si rivesta dei colori dell’arcobaleno.
La destra ha vinto dicendo che aveva le carte in regola per governare. Lo slogan più volte ripetuto in campagna elettorale – “siamo pronti” – a distanza di un anno risuona insincero. Anche le persone che appaiono ben disposte a concedere tempo e fiducia a Giorgia Meloni, non hanno grandi motivi per difendere a spada tratta l’operato della compagine governativa. Può darsi che questo sentimento di insoddisfazione si faccia più acuto nel corso dei prossimi mesi, con l’approssimarsi cioè della scadenza del 2024 riguardante le amministrative e le europee. Quale alternativa, seppur germinale, sarà allora presente sullo scenario politico? E dunque, quale la novità possibile per gli italiani?
Se avanza l’analisi, impietosa, di una sinistra agitata e sterile, viene di conseguenza a maturazione la prospettiva di un nuovo centro politico. Lo s’invoca da più parti, salvo denunciarne l’impotenza per la catena di presunzioni ed errori. Eppure, l’Italia profonda avverte la positività di una riaggregazione nel grande perimetro del riformismo democratico, in sintonia con la storia più creativa e costruttiva del lungo dopoguerra, fino alle soglia della caduta del Muro. Anche l’europeismo, quello più autentico e convincente, ha le radici nella collaborazione tra forze distinte ed affini, tutte impegnate in un orizzonte di libertà e di progresso.
Ecco, rimettiamo mano all’aratro. Perché dovrebbe vincere l’incomprensione? Calenda e Renzi, con carismi diversi, possono legittimamente rivendicare un ruolo da protagonisti. Lo sono a pieno titolo, malgrado la separazione recente, perché intercettano meglio di tutti gli umori della pubblica opinione. Non devono soccombere però all’impazienza di fare da soli, tanto da rimanere prigionieri singolarmente della loro stessa solitudine. Ci sono realtà locali in cui la metafora dell’aratro ha preso una fisionomia concreta: a Foggia, ad esempio, la ricerca dell’unità ha favorito la convergenza di Azione, Italia Viva e Tempi Nuovi-Popolari Uniti in una lista dai tratti fortemente competitivi. È questa la testimonianza che occorre valorizzare.
Anche il centro può rivestirsi dei colori dell’arcobaleno, così dando a tutti, attraverso la molteplicità degli apporti, il modo di riconoscersi nel caleidoscopio di motivazioni e propositi che in fondo la domanda di nuova proposta politica esige.
di Giuseppe Fioroni