da la Repubblica riprendiamo e pubblichiamo
Lascia il Partito democratico perché sente di aver ricevuto l’avviso di sfratto dalla neo segretaria Elly Schlein. “Ho letto una sua intervista nei giorni scorsi nella quale criticava Stefano Bonaccini per aver fatto un evento con me, ho capito che per la mia cultura cattolica e popolare forse non c’è più spazio nel suo Pd e ne ho preso atto. Oggi il Pd per come è nato non esiste più, esiste un partito di sinistra e io tolgo il disturbo”. L’ex ministro del governo Prodi Giuseppe Fioroni spiega a Repubblica perché lascia i dem e perché non ha intenzione di entrare al momento in altri partiti.
Fioroni, quindi ha deciso? Nessun ripensamento?
“Sono stato tra i fondatori del Partito democratico, un partito di centrosinistra. Un partito nato come scommessa di poter realizzare, facendo tesoro delle culture politiche del novecento liberali, democratiche,
popolari e socialiste, un nuovo soggetto per generare una nuova sintesi e costruire un ponte verso il futuro. Questo era il Pd nato con Walter Veltroni eletto da 3,5 milioni di italiani alle primarie dem e con un
risultato alle politiche del 35 per cento. Oggi non è più così e ne prendo atto”.
Ma anche prima dell’elezione della Schlein si diceva che era pronto a lasciare.
“Si è vero, ma io ho creduto sempre nel Pd tanto è vero che ogni volta che mi dicevano che ero pronto a
fare le valigie altri andavano via: Rutelli, D’Alema, Bersani, Speranza. Io ho sempre avuto la convinzione che il Pd fosse una forza plurale fino a quando ognuno di noi poteva testimoniare i propri valori. Ci sono stati scontri, non lo nego: penso a quando durante la segreteria di Matteo Renzi ho votato no all’adesione ai socialisti europei, proprio per la convinzione di voler mantenere fede alla costruzione di un percorso popolare e cattolico dentro il partito”.
Lei usava spesso la battuta: “Me ne vado quando mi cacciano”. Ma Schlein non l’ha cacciata no?
“Io ero convinto che la Schlein vincesse le primarie perché il Pd sta vivendo una mutazione genetica. Gli elettori pro Schlein come dimostrano adesso le analisi del voto volevano e vogliono un partito sinistra-sinistra. Già di questo prendo atto. Poi Schlein in una intervista recente ha accusato Bonaccini di aver ‘fatto perfino una iniziativa con Fioroni’. Ecco mi sono sentito non più gradito e di intralcio”.
Lei parla di un Pd sinistra-sinistra. Ma quali sono queste azioni annunciate dalla nuova segretaria che le danno fastidio? Gli elettori non chiedono chiarezza su alcuni argomenti?
“Ho letto l’intervista di Achille Occhetto a Repubblica che plaude a un partito che apre alla sinistra. Il Pd non è più del centrosinistra ma è di sinistra. La piattaforma di programma della Schlein è molto incentrata sui diritti. Ma il suo è un partito con tanti diritti e pochi doveri, un partito che non ha chiarezza sulla guerra in Ucraina. Anche in tema economico non vedo chiarezza e responsabilità: quest’ultima un elemento fondamentale del cattolicesimo popolare. Noi dobbiamo realizzare le opportunità di lavoro e valorizzare il merito per accedere a queste opportunità: dall’altra parte non ci può essere solo un modello assistenzialista come il reddito di cittadinanza. E poi nel suo programma non c’è alcuna politica di sostegno alla famiglia e ai figli. Siamo tornati a prima dell’Ulivo, alla gioiosa macchina da guerra. La sinistra al massimo nel nostro Paese è arrivata al 30 per cento, ricordiamocelo”.
Ma il Pd si è ridotto al 16 per cento. Qualcosa evidentemente non andava no?
“Negli ultimi dieci anni invece di fare più politica abbiamo fatto molto governo. E siamo stati sempre alla ricerca del ‘nuovismo’: la riforma del titolo V della Costituzione perché andava di moda il leghismo, poi sul tema di natura sociale abbiamo scimmiottato le proposte dei 5 stelle. Noi dovevamo essere orgogliosi delle proposte che si mettevano in campo e non inseguire chi ci faceva essere solo la brutta copia di cose che proponevano gli altri”.
Perché teme così tanto la parola sinistra nel Pd?
“Guardi, c’è una parte del Pd che da sempre è ossessionata dal governo del partito. Nel 2015 Schlein uscì dal Pd con Civati perché aveva vinto un segretario moderato, cioè Renzi. Ora è tornata per fare la segretaria. Ma così non ci sarà mai un partito di centrosinistra perché la sintesi tra le culture è impossibile: invece quella sintesi era il sogno del Pd quando è nato. Insomma ormai è di sinistra, una cultura che nulla ha a che vedere con la mia cultura. E quindi tolgo il disturbo”.
Entrerà in un altro partito?
“Sono impegnato innanzitutto per ricostruire una rete di confronto e di contatti con tutto il mondo moderato, cattolico e riformatore che è impegnato in politica dal basso e nel sociale. Realtà e persone che spesso non si riconoscono in un partito tra quelli oggi in Parlamento. Vediamo, ma non molliamo il campo dei moderati. Ecco, il Pd aveva l’ambizione di essere il partito del “ma anche”: ma anche i cattolici, ma anche il sociale, ma anche i diritti, ma anche i doveri. Schlein dice che il suo non sarà più il partito del
‘ma anche’. Per me una sconfitta del progetto del Pd”.