Pubblichiamo l’omelia del cardinal Re tenuta a Roma, nella Basilica di San Lorenzo al Verano, in occasione della messa per l’anniversario della morte dello statista trentino
di Giovan Battista Re
Sono passati 68 anni dalla morte di Alcide De Gasperi e in questo anniversario lo vogliamo ricordare con la riconoscenza che si deve ad un uomo che ha fatto molto per l’Italia e per l’Europa. Egli è stato grande come uomo, come cristiano e come statista. Col passar del tempo, la sua figura non si è sbiadita, anzi sono cresciuti il riconoscimento del valore del suo pensiero e della sua visione sociale e politica e il riconoscimento della grandezza della sua opera.
Anche se la situazione sociale e politica odierna è molto cambiata rispetto agli anni storici di Alcide De Gasperi, la lezione che ci viene da quel passato ha molto da insegnare agli uomini e alla società di oggi e di domani. E’ una lezione che continua ad essere di grande attualità.
Abbiamo un debito speciale di memoria e di gratitudine nei riguardi del Presidente De Gasperi, perché egli, dopo le distruzioni della guerra, guidò con intelligente lungimiranza la ricostruzione dell’Italia, ottenne il ricupero della credibilità del Paese in campo internazionale e promosse il rilancio dell’economia, concedendo spazio a tutti coloro che erano disposti a dare il loro contributo. Inoltre difese la libertà che da poco l’Italia aveva riconquistato, ma che in quel momento correva il rischio di sfuggire di mano. Molta parte della vita e della storia italiana è stata determinata dalle scelte che ebbero come protagonista De Gasperi.
Nell’animo di Alcide De Gasperi convissero e ne caratterizzarono la personalità sia la spiritualità sia la politica: due dimensioni profondamente radicate, che spiccavano per la loro straordinaria luminosità. Spiritualità e politica vissero sempre intrecciate in De Gasperi: sembrava che l’una prendesse forza e ragione di vita dall’altra. La sua statura politica era frutto della sua intelligenza, cultura ed umanità, ma anche della sua spiritualità e sensibilità religiosa.
In questo anniversario vorrei soffermarmi sul tema della spiritualità. Se infatti si vuole capire realmente De Gasperi, bisogna approfondire non solo l’azione che svolse e le idee che lo mossero, ma anche la spiritualità che lo animò, perché fu questa la radice della sua forza e dello straordinario servizio reso all’Italia.
Egli fu un vero credente, coerente con la sua fede, e un vero statista; fu credente e politico, nella chiara distinzione dei ruoli.
Fu un politico che mise sempre il bene del Paese al di sopra degli interessi personali o del partito; nelle decisioni di De Gasperi ha brillato sempre un alto senso dello Stato e un radicale convincimento che lo Stato è al servizio della persona umana.
In pari tempo la sua religiosità fu trasparente in tutte le sue azioni, piccole e grandi. Non ostentava mai la sua fede e la sua religiosità, ma esse facevano parte della sua vita. Dalla dimensione spirituale nasce il suo spiccato senso di giustizia, libertà e dignità da garantire ad ogni persona umana. La misura della sua solidità come cristiano la diede soprattutto negli anni della sventura, che comportò per lui e familiari gravi sofferenze, umiliazioni e privazioni. Dopo il periodo passato in carcere, ebbe difficoltà a trovare lavoro per guadagnarsi il pane. A stento riusciva a pagare la pensione dove alloggiava dedicandosi a fare traduzioni dal tedesco. Ai pasti non beveva vino per risparmiare, così da restare dentro i pochi soldi che aveva.
Alla fine del 1929 fu preso a lavorare presso la Biblioteca Vaticana, ma soltanto come precario. Per non sollevare reazioni da parte del fascismo non fu assunto nei ruoli vaticani e fu pagato non dall’Amministrazione dei Beni della Santa Sede, ma attingendo da un piccolo fondo che la Biblioteca aveva a sua disposizione. Il suo stipendio era decisamente inferiore ai meriti. De Gasperi doveva arrotondare lo stipendio con qualche traduzione dal tedesco all’italiano, che riusciva a trovare. Solo dopo 10 anni la sua posizione fu regolarizzata e fu nominato Segretario della Biblioteca Vaticana, col corrispondente giusto stipendio.
Egli fu coerente e fedele agli ideali nella buona e nella cattiva sorte. Nella sua vita, privata e pubblica, agì sempre secondo coscienza, sentendosi responsabile di fronte a Dio. Questo gli permise di non arrendersi né deprimersi nei duri momenti della persecuzione fascista e degli insuccessi, come pure di non esaltarsi mai nei momenti dei rilevanti traguardi conseguiti.
I primi libri che chiese di avere quando fu messo in prigione furono la Bibbia, l’Imitazione di Cristo e le Confessioni di Sant’Agostino. Durante la carcerazione gli furono di sostegno spirituale la preghiera dei Salmi ed il Rosario, che Alcide recitava ogni sera pensando che verso quell’ora anche la moglie e le sue bambine (allora due) erano in preghiera e allora – così scriveva alla moglie – “il mio spirito si inginocchia con voi” (Lettere dalla prigione, pag. 26-27).
Le lettere che De Gasperi scrisse dalla prigione, in gran parte indirizzate alla moglie Francesca, ci danno la misura della profondità della sua spiritualità e della sua vita religiosa. Al riguardo vorrei leggere un brano della lettera che Alcide scrisse alla moglie il giorno dopo la condanna a 4 anni di carcere (poi successivamente ridotti). Dopo avere passato tutta la notte insonne pensando al dolore che la sua condanna avrebbe causato al babbo anziano, alla moglie ed agli altri familiari, incominciò a piangere. “E dopo il pianto – così scrive – incominciai a ragionare. Perché il Signore mi ha lasciato colpire così? Se la cosa fosse soltanto fra me e la Sua giustizia, lo so, che sarebbero in causa i miei peccati; ma tu, mia santa ed eroica creatura, e le mie figliole innocenti, e tutti i miei e i tuoi e gli amici buoni e giusti che hanno pregato? Dio mio, com’è difficile trovare le ragioni ontologiche del dolore! Ma poi questo è fatto pubblico: io sono un granello rimesso dalla Sua mano potente nel vortice del mondo, un sassolino con cui impasta il suo edificio? qual vortice, quale edificio? non lo so, ma Dio ha un disegno imperscrutabile innanzi al quale mi inchino adorando, Francesca, e parlando scrivo a te e a tutti che mi amano. Iddio non può essere né ingiusto né crudele. Egli ci ama e fa di noi qualche cosa che oggi non comprendiamo. Così ragionando mi sono alquanto consolato” (Lettera del 31 maggio 1927).
È una lettera commovente. De Gasperi, politico umiliato e condannato alla prigione, padre di famiglia privato dei suoi diritti ed affetti, dopo aver pianto eleva il suo pensiero a Dio e si rimette alla volontà di Dio; si china adorando il disegno di Dio, anche se non lo capisce, ma sa per fede che è un disegno ispirato dall’amore. Questa lettera ci dà la misura dell’alta spiritualità di De Gasperi.
Da presidente del Consiglio, in un discorso pubblico, De Gasperi si chiese: “Qual è il faro che illumina il sentiero sul quale dobbiamo muoverci?”. La risposta fu: “Nel momento decisivo è la coscienza che spinge l’uomo ad una decisione” (Discorsi politici 1923-1954, p. 343). Negli ultimi giorni di vita a Sella di Valsugana confidò alla figlia Maria Romana: “Ho fatto tutto quanto era in mio potere; la mia coscienza è in pace”.
Tutta la sua vita fu in armonia con la sua coscienza di uomo, di cittadino, di cristiano.
La testimonianza della vita di De Gasperi e i grandi esempi che ci ha lasciati sono una luce che illumina il cammino. L’Italia di oggi ha tanto bisogno di politici con lo spirito di De Gasperi. Egli rimane un modello di cristiano in politica a cui guardare e trarre ispirazione per la propria condotta personale, per il bene del Paese e per la difesa dei valori della nostra civiltà.
Per questo sono lieto che sia si stia riprendendo lo studio della sua causa di beatificazione. La testimonianza che Alcide De Gasperi ci ha lasciato non deve cadere nell’oblio.
sasilica di San Lorenzo al Verano (19 agosto 2022)