Merita una riflessione la sfiducia dei cittadini nei confronti della politica, da cui deriva la ricerca sempre più manifesta di un vero civismo capace di riportare fiducia e speranza nel futuro. Si dirà che a Viterbo il civismo ha fatto la sua comparsa già da qualche anno, ma non è così. Non è stato, quello visto finora, il civismo che reclama la gente. Si è trattato piuttosto di un civismo che ben si è adattato al clima autoreferenziale ed arrogante che si respira a Viterbo. Un civismo che, per questo motivo, non è più riconosciuto come tale.
Viterbo è stata, in questi anni, la città dove la concertazione tra le forze politiche si è trasformata in consociativismo, basti pensare al patto di potere tra Forza Italia e Pd. Dove stavano i civici? Perché non hanno mai denunciato e tantomeno combattuto un sistema che ha preteso e pretende di controllare tutto, soffocando ogni forma di dissenso?
E’ un consociativismo, quello viterbese, a cui hanno partecipato, oltre alle forze politiche, tutti i centri di potere: dalla Camera di commercio a Unindustria, dall’Ance alla Cisl. E’ stato così che, perso il valore del confronto su temi e programmi in nome della spartizione del potere, siamo arrivati a una città ferma e degradata. In questi anni, tutti, più che lavorare per risolvere i problemi della gente, si sono dedicati alla pianificazione della ripartizioni del potere, annientando le speranze future.
Una consociazione, quella viterbese, che ha prodotto l’annientamento dei ruoli istituzionali che ciascuno dovrebbe svolgere per dar voce a chi non ne ha e concedere a tutti gli stessi diritti, che invece vengono negati e sottaciuti. Tutto è stato bloccato utilizzando l’arma della paura e del ricatto. Sono state messe a tacere tutte le forme di dissenso e protesta. Eppure, nonostante ciò, questo sistema oggi si sta sgretolando sotto la spinta silenziosa di tanti cittadini che lavorano, si organizzano e scendono in campo. Il tutto a dispetto della stampa di regime che soffoca le voci libere, denigra e disinforma. Non hanno capito, questi signori, che ormai è troppo tardi: la gente non ne può più di parate e promesse. L’aria di libertà si sta alzando e inizia la primavera viterbese.