La Finanza di Viterbo ha concluso una complessa ed articolata indagine nei confronti di diverse società e cooperative operanti sul litorale viterbese accusate di aver posto in essere una sistematica e generalizzata illecita somministrazione di manodopera, dissimulata attraverso contratti di appalto fittizi. Le aziende coinvolte, attraverso lo sfruttamento di lavoratori in stato di bisogno, hanno emesso ed annotato fatture per operazioni inesistenti al fine di evadere le imposte, con conseguenti benefici fiscali sia per i committenti, sia per le diverse società e/o cooperative appaltatrici, costituite ad hoc.
Le indagini, dipanatesi sin dall’inizio del 2019 e coordinate e dirette dalla Procura presso il Tribunale di Civitavecchia, sono state sviluppate attraverso articolati servizi di osservazione, perquisizioni e sequestri, audizioni di decine di operai, esame di migliaia di documenti contabili ed extracontabili, numerosi rapporti bancari ed intercettazioni telefoniche, che hanno portato alla luce un sistema perverso e spregiudicato di sfruttamento di manodopera.
Il meccanismo illecito prevedeva che i dipendenti di alcune società commerciali, per la maggior parte cittadini italiani da tempo regolarmente assunti, pur continuando a prestare servizio e mantenendo le medesime mansioni presso gli stessi datori di lavoro, transitassero alle dipendenze di società cooperative appositamente costituite, che formalmente li mettevano a disposizione dei datori di lavoro originari mediante la stipula di un contratto di appalto o di distacco fittizio. Tale artificioso passaggio era spesso perpetrato all’insaputa dello stesso lavoratore. Il beneficio generato, perpetrato attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per 13 milioni di euro, era quello di ridurre illegalmente i costi fiscali e del lavoro, cui conseguivano la massimizzazione dei profitti, consentendo di abbattere il costo della manodopera e di ottenere illeciti risparmi Iva, imposte dirette ed Irap, portando ad un illecito vantaggio complessivo, in termini di tassazione, superiore ai 9 milioni di euro.
Gli oltre 300 lavoratori coinvolti sono inoltre stati impiegati a fronte di una retribuzione salariare minima subendo, tra l’altro, la lesione di diritti primari quali la fruizione delle ferie, il trattamento di fine rapporto ed altri trattamenti accessori. Le attività ispettive, eseguite nei confronti di 29 indagati e di 42 aziende, hanno portato all’esecuzione di 47 perquisizioni presso i domicili degli indagati e delle aziende ad essi riconducibili (tra Tarquinia, Montalto di Castro, Civitavecchia, Fiumicino, Frascati, Roma, Novara, Campobasso e Anagni), ed al sequestro preventivo di immobili, quote societarie e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 612 mila euro quale profitto del reato.
L’azione è stata poi diretta all’esecuzione di 17 controlli e verifiche fiscali, nonché all’approfondimento delle implicazioni che la frode perpetrata aveva riverberato sulle posizioni previdenziali dei lavoratori implicati, svelando così una truffa aggravata ai danni dell’Inps commessa dai datori di lavoro e dai titolari delle cooperative per non aver operato né versato le ritenute, riferibili alle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, per 250 mila euro.
I lavoratori, infatti, venivano dichiarati come neo assunti in capo alla cooperativa appaltatrice al fine di beneficiare illegalmente delle agevolazioni contributive previste per le nuove assunzioni e per la trasformazione dei contratti di lavoro secondo le leggi di stabilità 2014 e 2015. Tali benefici, però, erano assolutamente indebiti, sia perché il passaggio alla cooperativa, come detto, era del tutto fittizio, sia perché la legge non consente di percepire le agevolazioni se non si rispettano i minimi retributivi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, cosa che in questo caso non avveniva.