Dall’Osservatore Romano riprendiamo e pubblichiamo il resoconto del convegno “Quattro passi verso il futuro. IV Costituente delle idee” contenete l’intervento di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo.
«Una crisi così devastante ci dice che abbiamo bisogno di intelligenza per inventare strumenti nuovi senza che i sacerdoti dell’ortodossia alzino sempre il dito. Ma non dobbiamo neanche innamorarci degli strumenti: l’importante è avere una visione. Abbiamo bisogno di stabilità, che è indispensabile. Bisogna valutare le conseguenze delle nostre azioni. Diceva Max Weber che la politica non ha una morale, ma certamente ha un’etica, l’etica della responsabilità. L’Europa chiede che questi strumenti abbiano regie uniche. La ripresa ci sarà se i grandi Paesi risponderanno positivamente. E un Paese come l’Italia per la ripresa dell’Europa è decisivo».
Così David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, intervenendo all’incontro «Quattro passi verso il futuro. IV Costituente delle idee»,organizzato dall’associazione Argomenti 2000. Un evento online nel quale si sono anticipati alcuni dei temi di un “libro bianco”da sottoporre all’analisi dei parlamentari italiani nei prossimi giorni. Il documento prende in esame quattro aree: scuola, welfare, cura della persona, sostenibilità socio-ambientale, con proposte concrete di intervento sulle quali i proponenti contano di ottenere una convergenza politica più ampia possibile. Sullo sfondo però rimane la necessità di un cambio di paradigma.
Ha detto l’onorevole Graziano Del Rio, intervenuto all’incontro: «Questa crisi non è peggiore della Seconda guerra mondiale. Allora ciò che generò la rinascita è stata la speranza collettiva: si è investito sul legame comunitario, in primo luogo quello europeo. Bisogna tornare all’Europa come a uno dei pilastri di questa visione: quando la politica visionaria ha messo in campo il sogno dell’unione è nata la comunità europea, termine che porta con sé il senso del dono e del legame. Senza l’Europa oggi l’Italia sarebbe un Paese disperato. Non basta la dimensione economica: lo dice benissimo il Papa nelle sue encicliche. Promuovere fraternità significa anche costruire unità».
Del resto, ha osservato lo storico Ernesto Preziosi, moderatore dell’incontro, «nella Fratelli tutti, al numero17, c’è il richiamo al bene comune, che trova luogo nella casa comune». L’Europa è una di queste “dimore ”. E non arriva del tutto impreparata all’appuntamento con la storia.
«Siamo stati fortunati — ha detto Sassoli — perché 10 mesi fa ci siamo trovati di fronte alla grande crisi della pandemia già con una lettura della contemporaneità, avviata da prima. Il Green Deal, per esempio, è frutto di quella lettura, che devo dire risente molto di quella di PapaFrancesco. A parte qualche sbandamento, il fatto che si sia messa in campo una grande quantità di risorse è il frutto di questo sforzo. Prima della pandemia, mi colpì molto l’incontro che ebbi con le autorità polacche nel quale ottenemmo risultati importanti sul tema della decarbonizzazione, considerando che la Polonia, come è noto, è uno dei paesi più dipendenti dal carbone. Naturalmente occorre che nessuno rimanga indietro: se non avremo uno sguardo che vada aldilà del sopravvivere, come possiamo essere un punto di riferimento per gli altri? Ricordo molto bene il dibattito che si sviluppò ai primi di marzo: si cominciò a pensare che questa crisi richiedeva uno sforzo comune: venivamo da 10 anni di politica di austerità che negava il concetto stesso di solidarietà. Ed è arrivata la decisione di sospendere il patto di stabilità: non è stata una cosa banale. Sono stati provvedimenti impegnativi, presi con grande rapidità. Rimane, sotto traccia, ora, il tema del debito comune. Secondo me non è difficile accorciare le distanze, in Europa. Perché è conveniente. Ora abbiamo capito che questa convenienza deve essere tradotta in politiche concrete. Lo strumento dei bond, per esempio, è stato molto importante per fare capire che se stiamo insieme abbiamo un grande valore. Siamo riusciti a mettere la bandiera europea su WallStreet…».
Ha continuato il presidente del Parlamento europeo: «Bisogna mettere ordine anche nei termini: la crescita, per esempio. Non basta crescere se pochi crescono e gli altri rimangono indietro. Molto spesso, parlando di covid si usano termini bellici. Il covid non è una guerra ma una manifestazione drammatica della vita. Allora dobbiamo riprenderci le nostre battaglie giuste per la difesa della dignità delle persone. Il mondo ha bisogno dei valori dell’Europa: su questi noi dobbiamo essere i primi della classe. Per la prima volta nella storia recente, l’Europa si è trovata da sola. Siamo cresciuti. Con gli Stati Uniti vogliamo riprendere un dialogo, che è fondamentale per tutto il mondo, ma ci sono differenze nel mondo occidentale: da noi nessuno è rimasto fuori dagli ospedali perché non aveva una carta di credito».
Insomma, serve un nuovo sguardo totale sulle cose del mondo. O riscoprirlo. Perché l’uomo attende di poter sognare: del resto, solo «se la politica è in grado di fornire una visione —ha conclusoPreziosi —le persone poi la possono condividere». (ma.be.)