Adesso anche Arena, di fronte al danno di 6 milioni e mezzo, contestato dalla Corte dei conti a 12 persone tra sindaci, ex sindaci ed ex presidente della Provincia, sembra essersi svegliato dal letargo. E infatti, riacquistata come d’incanto la lucidità perduta, sembra dubitare per la prima volta dell’efficacia degli artifici contabili messi in atto finora per garantire la sopravvivenza della società e salvare la faccia al patto trasversale tra il centrodestra viterbese e il Pd panunziano attorno al quale da tre anni si dipanano funambolicamente, passando sulle teste degli elettori, tutte le scelte politiche e amministrative che vengono prese nella Tuscia.
Arena però si è svegliato tardi. E’ da quando è diventato sindaco che viene messo in guardia sulle nubi minacciose addensatesi all’orizzonte. Perché ha sempre fatto finta di non capire? Perché ha fatto sempre orecchie da mercante, avallando gli aumenti delle bollette e facendo il muro di gomma davanti alle critiche sollevate dai comitati per l’acqua pubblica e, per quanto riguarda il Consiglio comunale, da Luisa Ciambella?
A Palazzo dei Priori, come Arena, è probabile che adesso dentro di sé abbiano preso coscienza della gravità della situazione anche altri ambienti, tra i quali in particolare quelli del Pd, come Alvaro Ricci e Francesco Serra, che sulle grida di allarme della Ciambella hanno fatto spallucce e mostrato sorrisetti ironici fino ad arrivare sfacciatamente a dire che lei non rappresentava la linea del Partito democratico. Concetto ribadito, per delegittimarla, anche dalla segretaria provinciale dem, Manuela Benedetti, controfigura di Panunzi, dalla quale, a parte gli attacchi a chi non la pensa come lei, nessuno ha ancora mai avuto l’onore di ascoltare un ragionamento articolato sui problemi reali della gente, quali sono proprio l’acqua e il costo delle bollette in continuo aumento imposto dal patto trasversale destra-sinistra per ripianare, prelevando quattrini dai portafogli dei cittadini, i danni di quella mala gestio della Talete di cui parla la Corte dei conti.
Luisa Ciambella a più riprese ha richiamato l’attenzione del Comune di Viterbo sul rischio di un omesso controllo analogo pericolosissimo per l’ente e per chi lo amministra, soprattutto il sindaco. Dalle centinaia di migliaia di euro spesi per l’acquisto di un sistema informatico per la bollettazione, abbandonato solo dopo un anno dalla sua entrata in funzione, agli incarichi professionali assegnati sempre gli stessi professionisti; dalla singolarità di certe assunzioni alle scarse azioni contro la morosità, fino alle particolari assegnazioni delle gare di appalto, sono state tante le questioni sulle quali l’ex vice sindaca ha cercato di far aprire un dibattito costruttivo e salutare. Non c’è stato niente da fare. Muro di gomma Arena, ancor più muro di gomma Giulio Marini ed incredibilmente sordi i suoi colleghi di partito (Ricci, Serra e via discorrendo), che, mostrando facce di plastica plasmate a immagine e somiglianza di chi sta sopra di loro, sono stati solo buoni ad emarginare la guastafeste non funzionale allo scenario del momento. In ciò sostenuti da altri personaggi che si professano di sinistra (vedi Barelli) facendo finta di non sapere che non c’è nulla più di sinistra della difesa dell’acqua e della rivendicazione di una sua gestione pulita e trasparente.
“Oggi – commenta la Ciambella – vedo che in tanti si stanno convertendo sulla via di Damasco dopo avermi tacciato di essere petulante e dopo aver sminuito la portata della preoccupazione e i rilievi che facevo, peraltro sempre documentati. La cosa che mi ha fatto più preoccupare leggendo i rilievi della Corte dei conti sono le espressioni mala gestio e società decotta. In una società normale ciò equivale al fallimento dell’azienda”. Come pure, in un Paese normale, tutto quello che sta emergendo lascia intravedere altri sviluppi giudiziari.