Da Raimondo Chiricozzi di Aics Viterbo riceviamo e pubblichiano
Nel mondo a ben guardare ancora c’è chi crede, nel suo delirio di onnipotenza, di essere il padrone del tempo e nessun pensiero lo distoglie dal volere accumulare denaro per impossessarsi del potere di vita e di morte sulle persone. Nei Monti Cimini ancora oggi c’è chi sostiene che la monocultura del nocciolo, come tutte le monocolture agricole, non sia dannosa per l’uomo. Le istituzioni dal canto loro fanno poco o nulla per la riconversione delle monocolture, favorendo il ritorno ad una agricoltura che valorizzi la biodiversità.
Come Attila, che si vantava dicendo che al suo passaggio non sarebbe rimasto nemmeno un filo d’erba, si lascia che i nuovi operai dell’industria chimica lavorino i campi con concimi, pesticidi e diserbanti che eliminino tutta l’erba. Ciò nonostante i finanziamenti erogati perché venga mantenuto il pratino, per i quali la nostra associazione assieme ad altre si è impegnata. Nessuno si pone il problema della possibile desertificazione dei terreni, figurarsi se viene preso in considerazione il fatto che l’uso dei pesticidi potrebbe procurare danni irreversibili e forse anche la morte al prossimo e in primo luogo agli stessi agricoltori. Il dio danaro attira di più e fa passare in secondo ordine la salute.
E così constatiamo i danni alla salute e all’ambiente, alle acque di superficie, quali quelle del lago di Vico che ancora vengono distribuite nelle abitazioni di Caprarola e Ronciglione. Con autorizzazioni più o meno concesse regolarmente i nuovi conquistatori vanno estendendo il loro dominio in tutto il Viterbese e mettono a dimora nuove piantagioni della monocoltura del nocciolo, dove non crescerà più l’erba .
Ciò a cui si assiste in questo periodo nel silenzio della stampa e delle istituzioni è di una drammaticità unica. Le polveri, che presumibilmente contengono residui di pesticidi, vengono sollevate dai mezzi e producono una cappa su tutti i Monti Cimini. Perché fossero catturate senza involarsi sono stati erogati finanziamenti per i quali anche noi come associazione ambientalista ci siamo prodigati. Perché la politica non interviene regolamentando la raccolta, magari obbligando gli agricoltori ad irrorare i campi con acqua o a iniziare la raccolta dopo le piogge?
La gente non fa più danze per la pioggia come nei tempi antichi o nel tempo dei barbari. Sicuramente però molti hanno pregato perché dal cielo scendesse la pioggia a mitigare il sollevare delle polveri. Adesso sembra che il tempo stia cambiando e nei prossimi giorni pioverà. Da tutto ciò un insegnamento: possibile che non ci resti altro che pregare e piangere per l’umanità futura?