Tutti a briglie sciolte in provincia di Viterbo. Sindaci che emettono ordinanze come fossero sceriffi, salvo poi sono essere costretti a fare marcia indietro. Gente che si improvvisa medico su Facebook. E perfino siti di informazione che, per acchiappare qualche visualizzazione in più, lasciano intendere che l’infermiera in servizio a Piacenza trovata positiva ai test sul Coronavirus sia residente nella Tuscia. Non è normale.
Non è normale per la verità neanche il comportamento fin qui tenuto dalla Asl, che, per aiutare i Comuni a destreggiarsi all’interno di un quadro sicuramente confuso e contraddittorio qual è quello di questi giorni, avrebbe dovuto impegnarsi di più nella comunicazione. Spiegando bene a tutti, in primis le autorità locali – sindaci, assessori e vai discorrendo – le regole di comportamento a cui attenersi. I Comuni dovevano essere stati chiamati già da giorni e invece solo per domani è stato convocato il Comitato (ristretto) di rappresentanza, peraltro su iniziativa degli stessi primi cittadini.
La Asl di Viterbo è ovviamente inserita all’interno del sistema sanitario regionale, risponde quindi alle direttive di Roma, ma a livello locale alcune mancanze sembrano palesi. Ad esempio, è vero sì che al pronto soccorso gli eventuali pazienti a rischio vengono messi in una stanza isolata, ma non risulta essere stato creato un percorso isolato vero e proprio. Insomma, andava approntata sicuramente un’organizzazione diversa e più funzionale.