Da una parte il bando della Asl, emanato a fine anno, per l’individuazione di un social media manager e graphic designer (costo: oltre 30 mila euro l’anno) a cui affidare il compito di potenziare la comunicazione dell’azienda. Dall’altra, per giudicare i candidati, una commissione composta da un dirigente informatico, dal responsabile dell’ufficio relazioni con il pubblico, Patrizia Prosperi, da un collaboratore professionale e da un assistente amministrativo. Come si vede, nessun esperto del settore.
Discutibile in particolare la scelta di Patrizia Prosperi, segretaria del circolo unico del Pd viterbese. Secondo il regolamento anti-corruzione in vigore nell’azienda non devono infatti far parte delle commissioni “i titolari di incarichi politici e sindacali”. A ribadire questo concetto è il Consiglio di Stato, che si è espresso in merito all’articolo 35, comma 3, lettera e) del decreto legislativo 165/2001, ai sensi del quale le commissioni nominate per scremare l’aspirante personale delle pubbliche amministrazioni devono essere composte solo da “esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali”.
Dunque, non possono essere investiti dei compiti di commissario coloro i quali rivestano funzioni proprie di cariche direttive partitiche, in quanto portatori degli interessi propri dei partiti.
La sentenza chiarisce che “per carica politica deve intendersi l’ufficio che postula la rappresentanza, in via organica e professionale, di interessi e valori direttamente riferibili ad una parte politica, e cioè ad un partito, con la conseguenza che il divieto in esame va circoscritto ai titolari di cariche direttive all’interno dei partiti”.
La ratio della disposizione risiede nell’esigenza di difendere il buon andamento e l’imparzialità della procedura concorsuale, facendo in modo che non si verifichino ingerenze degli organi politici, conoscenze personali e pericoli di contiguità; e in quella di assicurare l’osservanza del principio di separazione tra politica ed amministrazione, in ossequio al quale gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, invece ai dirigenti compete l’attività di natura amministrativa, la gestione e la realizzazione dei risultati.
Altri principi fondamentali del decreto sono l’adeguata pubblicità alla selezione e alle sue modalità di svolgimento, in modo tale che assicurino sia l’economicità sia la velocità di espletamento; e l’uso di meccanismi trasparenti ed oggettivi, in grado di sondare il possesso dei requisiti professionali ed attitudinali in base al profilo che s’intende ricoprire. Nel caso del bando della Asl i criteri oggettivi sono valutati invece meno del colloquio.
Palazzo Spada ha voluto in questo modo mettere un limite al potere di incidere, anche solo teoricamente, da parte del titolare della carica politica sulle attività proprie dell’ente che ha bandito il concorso. Alla Asl il compito di approfondire, se non conosce questa sentenza del Consiglio di Stato. Perché si sa: la legge non ammette ignoranza.