Da huffingtonpost.it un intervento di Giuseppe Fioroni
di Giuseppe Fioroni
Temo che la cura omeopatica del populismo sia nociva. Si affaccia purtroppo la tentazione di smontare la maggioranza gialloverde offrendo una sponda al Movimento 5 Stelle. Prende piede cioè la suggestione di un cambio di alleanze, anche in questa legislatura, con l’invito al Pd a superare giuste riserve ed obiezioni. Per altro, le alleanze sono fondamentali per identificare una forza politica. Un detto popolare recita così, in maniera lapidaria: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Con il crollo delle ideologie, questa piccola cautela cognitiva diventa la bussola per non perdersi nel vuoto che la cancellazione delle classiche polarizzazioni – destra sinistra e centro – determina nella vita democratica. Dunque, affrontare a viso aperto questo tema, con discorsi sinceri e concreti, rappresenta una necessità.
Il Pd ha molti difetti, ma non quello dell’autocensura. Non vige al nostro interno la regola del centralismo democratico. Si discute, apertamente e liberamente, senza mascherare il dissenso. Tutto ciò è positivo, non solo per noi. Vuol dire che un “partito aperto” esiste, non è una chimera.
È sbagliato, tuttavia, che il confronto interno eluda o ignori una minima disciplina di buon senso. Abbiamo tenuto una direzione nazionale, articolandola in due sedute, con il segretario impegnato a trovare una sintesi. Anche stavolta è sembrato che uno sforzo di reciproca comprensione fosse ampiamente condiviso. Invece, come nel passato recente e meno recente, chiusa la direzione si è materializzato un altro discorso, con altre prospettive.
Ora, adombrare l’ipotesi di un’alleanza con il M5S è operazione scorretta, se posta a distanza di poche ore dalla verifica negli organi di partito. Dovremmo rilanciare la “vocazione maggioritaria” e strizzare l’occhio, al tempo stesso, a Di Maio? Molta parte dell’elettorato, benché ostile alla destra, vedrebbe con fastidio un nostro cedimento al populismo grillino. Zingaretti ne è consapevole, come dimostra la prudenza da lui adottata su questo delicatissimo punto. Non si capisce, del resto, su quali basi dovremmo intavolare il confronto con i pentastellati.
Di questo passo, abbozzando con disinvoltura un’alleanza altamente controversa, miniamo la credibilità del PD. L’illusione è pensare che a uno strappo non ne consegua un’altro, di segno opposto. È vero, il “centro” può essere uno spazio occupato da noi, non c’è bisogno che si costituisca un clone politico di segno moderato. Ma la svolta filo-grillina darebbe fiato a un “centro” virtualmente incompatibile con un blocco democratico-populista. Allora non nascerebbe un generico “centro” (amico del Pd), bensì un nuovo soggetto politico desideroso di rimarcare la propria autonomia (dal Pd). A Zingaretti spetta il compito di tenere ferma la rotta.