E’ motivo di polemiche l’istituzione, in Prefettura, del tavolo di esperti chiamati a monitorare l’uso dei fitofarmaci in provincia di Viterbo. Da un lato ci sono i sindaci dei Cimini, che escludono qualsiasi impatto negativo sull’ambiente, dall’altro i collegi dei paesi attorno al lago di Bolsena, preoccupati, al contrario, per la coltivazione intensiva delle nocciole. Starà agli esperti valutare e nel caso alle forze dell’ordine intervenire. Di sicuro durante la prima riunione dell’organismo, lunedì sera, l’Istituto superiore di sanità, presente alla riunione con Pietro Paris, ha fatto chiaramente capire che il problema esiste. Infatti, al di là delle barricate erette dalle associazioni degli agricoltori, che si proclamano ingiustamente criminalizzati dall’opinione pubblica, e al di là del caso specifico di Viterbo, in Italia risultano contaminati due terzi delle acque superficiali e un terzo di quelle presenti nelle falde.
A prendere le difese degli agricoltori e il presidente di Coldiretti, Mauro Pacifici: “Il tavolo – dice – dovrà servire a fare finalmente luce e chiarezza in una situazione di paura ed incertezza che è stata creata tra i cittadini ma che, in realtà, deve essere fortemente ridimensionata, viste le ordinanze iper restrittive sull’uso di fitofarmaci già presenti sul territorio”. “L’agricoltura – gli fa eco il direttore Alberto Frau – è già ormai fortemente lanciata verso un impiego sempre più modesto di prodotti di sintesi e credo che il futuro dell’agricoltura e dell’agroalimentare sia sempre più green; in particolare la Tuscia ha un numero altissimo di aziende biologiche ed i produttori, viste le annate nefaste dal punto di vista climatico che hanno fortemente condizionato le produzioni, evitano di spendere ulteriormente risorse e di aumentare le spese aziendali acquistando prodotti chimici, al fine di non compromettere il bilancio aziendale, come risulta anche dai dati ufficiali relativi al commercio di tali sostanze nell’anno in corso e in quello passato”.
Tutto vero, ma come detto è giusto verificare la situazione con indagine tecniche e approfondite. Perché, come ha detto il rappresentante dell’Istituto di sanità, se le acque italiane sono inquinate un motivo ci deve pur stare.