Pubblichiamo un intervento di Pierluigi Bianchi, membro dell’assemblea nazionale del Pd.
All’indomani della mia elezione all’assemblea nazionale, ho subito espresso apprezzamento per le dichiarazioni del segretario Nicola Zingaretti, che disegnava un percorso inclusivo ed aperto per fare del Pd la casa comune di tutti i riformisti. Debbo purtroppo rilevare che, trascorsi alcuni mesi, tale tentativo non ha ancora preso forma. Soprattutto nei territori come il nostro, il largo successo della mozione Zingaretti è stato interpretato come l’atto finale di una resa dei conti per marginalizzare e far tacere tutte le voci dissonanti. I risultati di questo modo di agire sono sotto gli occhi di tutti, con una tornata di elezioni europee ed amministrative che ha visto il Pd perdere voti, consegnare alla destra molti Comuni ed essere, talvolta, come ad esempio Tarquinia, ridotto a dimensioni di mera testimonianza.
La nomina della segreteria nazionale è stata l’ennesima occasione perduta, per tentare di dare contenuto alle intenzioni manifestate da Zingaretti, all’indomani della sua elezione. Nell’ambito della diatriba che ne è seguita, un’affermazione mi ha particolarmente colpito ed è stata il “che palle questo partito” pronunciata da Calenda e ciò non tanto per il contesto in cui si inseriva, ma perché quella espressione, purtroppo, riassume il pensiero che molti elettori hanno del Pd, di un partito cioè che continua a discutere solo di assetti interni e di posizionamenti.
Il Pd non puo essere un partito che anche a livello locale, anziché affrontare temi concreti della nostra provincia, quali la crescita e lo sviluppo, la gestione delle risorse idriche, l’agricoltura sostenibile, la sanità solo per indicarne alcuni, si preoccupa di fare accordi, per la spartizione del potere, con quel che resta di Forza Italia. Poi ci chiediamo perché gli elettori della nostra provincia e dei nostri Comuni non comprendono le nostre proposte?Il tema è esattamente il contrario ed è che purtroppo i nostri cittadini hanno ben compreso il modo di operare, che nel corso di questi ultimi anni ha portato a sostituire alla politica la mera gestione del potere.
I prossimi mesi saranno decisivi per comprendere se con l’impegno di tutti, ma inevitabilmente con quello maggiore di chi ha responsabilità di governo del partito, si potrà tentare di riavvicinare l’elettorato al Pd, superando gli schemi e le classificazioni del passato e senza avere timore di affrontare temi sentiti dai nostri elettori quali sicurezza, immigrazione, povertà e precarietà che non possono essere lasciati alla vuota propaganda di Salvini e Di Maio. Dovremo fare questo senza il timore di non apparire sufficientemente in linea con il politicamente corretto del passato; i tempi sono cambiati e la crisi ha privato tutti di certezze, dobbiamo avere la forza e la volontà di essere fortemente innovatori in una società in cui le categorie del passato non esistono più. Se invece continueremo a guardare la realtà con lo sguardo rivolto all’indietro e a dare risposte solo con le “nostre parole” rischiamo che la Piazza Grande del segretario Zingaretti resti affollata solo ed esclusivamente dai soliti noti e che sempre più elettori penseranno “che palle questo partito”. Noi non ci rassegnamo.
Pierluigi Bianchi