L’Italia è governata dalla Lega, che in provincia di Viterbo dilaga. Il Pd, sempre in provincia di Viterbo, è ridotto ai minimi termini in seguito alle scelte scellerate prese da maggio 2018, quando l’ottimo risultato alle regionali, frutto dell’impegno di tutto il partito, è stato trasformato in un’arrogante ordalia del vincitore, incapace di comprendere che senza l’altra metà non sarebbe mai stato eletto. Queste scelte scellerate sono andate avanti sino a oggi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: a nulla, infatti, sono valsi alle europee gli apporti di Caffeina, di LeU, della lista Civica popolare e di una parte di +Europa. A nulla è servita la lista larga, o piazza grande, messa in piedi da Zingaretti. Alle amministrative, poi, le cose sono andate anche peggio. Per il Pd nei Comuni è stata una vera debacle.
Di fronte a tutto ciò, ricercare l’unità del Partito democratico è un gesto di responsabilità verso la nostra provincia, che necessita della costruzione di un’alternativa credibile, oggi è inesistente. Bisogna allora agire non più per sciocchi calcoli di congresso, anche perché un partito provinciale così com’è, sepolto sotto le macerie, di certo non ha difronte a sé un futuro roseo.
Senza unità, oggi il Pd, non solo continuerebbe a perdere, ma non sarebbe più neanche un punto di attrazione e di coagulo per una coalizione vincente. L’unità va ricercata per governare i Comuni, la Provincia, il Paese, non certo per gestire un partito che, così come è stato ridotto, non esprime alcuna idea e alcun progetto vincente. Se si supera l’ossessione che taluni hanno della guida del partito, forse si può rigenerare l’ambizione di guidare i nostri territori.
La storia ci dimostra che la vittoria di Michelini a Viterbo, espressione di un corpo vasto a guida moderata, non ex Ds, purtroppo è stata fin dall’inizio osteggiata da chi nel Pd riteneva e ritiene che, se chi sta al vertice non è di sinistra, è meglio non governare. Dal 2013 al 2018, abbiamo assistito a ripetuti tentativi di far cadere la giunta di centrosinistra da più fronti e tutto ciò ha rallentato i progetti messi in campo, al punto che oggi ne beneficia la giunta Arena.
Insomma, la sfida dell’unità è di mettere al centro la costruzione di un alternativa di governo con l’ambizione di riprenderci la guida del nostro territorio. Per questo bisogna liberasi dell’ossessione del governo del partito e della necessità di affermare comunque l’egemonia della sinistra. La sfida dell’unità è la sfida della responsabilità e dell’ambizione di tornare a vincere. Non c’è altra strada se non quella di un Pd che ritorna ad un ridotto Pds marginale nella scena provinciale, incapace di eleggere parlamentari e consiglieri regionali.