Da ildomaniditalia.eu riprendiamo e pubblichiamo
di Roberto Paolucci
Qualcuno può anche sottilizzare affermando di “essere non al centro ma di centro” e per giustificare la sua affermazione fa riferimento alla DC. Parlare ancora di DC o di PCI ha un valore storico, perché la società è completamente diversa da quella di trenta quaranta anni fa.
Questa evoluzione sociale è stata molto rapida dall’inizio del millennio anche perché siamo entrati dal 2001 nella IV rivoluzione e la globalizzazione ha ormai segnato tutte le strutture sociali. Pretendere che noi cattolici possiamo ricominciare da un passato ormai trascorso, non ha nessuna ragione di esistere.
Per questo penso che i tentativi dei partitini ex dc siano destinati a sbattere contro le realtà oggettive odierne. Ma ciò che emerge dal marasma e dalla confusione presenti sono sia l’esigenza di una risposta coerente di noi cattolici, sia il legame che ci unisce al magistero della Chiesa e che si deve concretizzare in azioni di politica che si ispirino al valore della vita, del lavoro, della “famiglia culla della vita, “costruendo una economia a misura e al servizio della persona”(Leonardo Becchetti).
Nello stesso tempo condivido la posizione del magistrato e prof Carlo Casini di Firenze che, fin dalle sue prime pubblicazioni, aveva individuato nella ricomposizione civile di un popolo il primo impegno di una società civile che è la difesa della vita. Senza però propendere, a mio avviso, per un referendum contro la legge 194, del tutto anacronistico e che provocherebbe ulteriori divisioni, ma insistendo sull’applicazione della legge con iniziative dedicate:
– affidamento del bambino che dovrà nascere a una famiglia;
-sostegno economico alla donna che tiene il bambino e lo porta alla nascita;
-posto di lavoro per chi non ce l’ha o per il compagno della donna se è disoccupato. La difesa della vita, del lavoro e il sostegno alla famiglia costituzionale sono i capisaldi della ricomposizione civile di un popolo. Purtroppo ci sono ancora gruppi che non sono in grado di capire che il mistero della vita si accompagna al rispetto della vita nascente; ma se questo rispetto non riceve ancora accoglienza nelle coscienze esso si trasforma spesso in paura e disperazione. Per questo motivo non si deve colpevolizzare la donna che cede alla sua fragilità, ma sorreggerla nel momento in cui svilupperà quei sensi di colpa che sono purtroppo la conseguenza di non avere avuto il coraggio di accettare la nuova vita.
È una battaglia che ci deve vere impegnati, con coerenza.