Compaiono anche i nomi del sindaco Giovanni Arena e dell’ex consigliere regionale Daniele Sabatini nelle carte (ben 700 pagine) dell’inchiesta sulla mafia a Viterbo nell’ambito della quale la settimana scorsa sono state arrestate tredici persone. Di loro parla, in conversazioni intercettate dagli inquirenti grazie alle microspie piazzate nella sua auto, il boss di origini calabresi Peppino Trovato.
Il periodo di riferimento è quello delle elezioni comunali dello scorso anno. Carabinieri e Procura della Repubblica stanno indagando sulle intimidazioni all’attuale assessore all’urbanistica Claudio Ubertini. E non solo. Un giorno, quando il centrodestra si scannava per la designazione del candidato a sindaco, Trovato si trova in auto con un suo amico di Viterbo e dice che tra “Ubertini e Arena è sempre meglio Arena”, anche se “sono tutti e due dei pezzi di merda”. “Arena – aggiunge – promette ma poi non fa niente”. A parlare di Sabatini è invece l’amico di Trovato. Lo definisce un “bravo ragazzo”, in ogni caso, risponde il boss, “ci penseremo noi a farli ragionare”. Chi verrà eletto in Comune dovrà dunque fare i conti con l’organizzazione criminale, nelle intenzioni del calabrese, che, nella sua smania di grandezza, vuole addomesticare forze dell’ordine e classe politica. Le elezioni amministrative del 2018 non potevano dunque sfuggire ai componenti del clan, che cercano di entrare in tutti i posti chiave della città per imporre le loro leggi.
La circostanza, al di là degli aspetti giudiziari veri e propri, la dice lunga sulle capacità della classe politica viterbese, che mentre si scanna in campagna elettorale, mostrando uno spettacolo indegno all’opinione pubblica di tutta la provincia, palesando tutta la sua debolezza, non è in grado di leggere la realtà. Non è capace di vedere i problemi che attraversano la società che dicono e pretendono di rappresentare. Ma tant’è.
Per quanto riguarda Ubertini, va invece detto che l’attuale assessore all’urbanistica conosceva Trovato in quanto frequentava il bar di Luigi Forieri in via Genova (dove ha lo studio da commercialista). Trovato lo riteneva una sorte di concorrente. In particolare, credeva che “Lallo” gestisse, tramite la copertura di altre persone, alcuni negozi di compro oro. Di un altro invece teneva la contabilità e il calabrese ne era a conoscenza.
Trovato, scrivono gli inquirenti, riteneva che Ubertini abusasse “delle funzioni politiche e delle sue conoscenze per sollecitare controlli amministrativi nei confronti dei compro oro da lui gestiti e di avere interessi economici diretti, camuffati attraverso persone di fiducia, in attività di compro oro concorrenziali”.