Mentre il presidente Zingaretti è sempre più distratto dalla campagna per diventare segretario nazionale del Pd, continua anche a Natale la battaglia dei lavoratori del Cup contro il taglio agli stipendi (già bassi) previsto dal nuovo appalto dei servizi esternalizzati dei centri di prenotazione: una sforbiciata di 300 euro a dipendente, con orario di lavoro ridotto e contratti penalizzanti.
Vittime di questa situazione sono duemila lavoratori, di cui circa 150 della provincia di Viterbo (donne e categoria protette), a cui finora la Regione non ha dato nessuna risposta.
Gli addetti al Cup sono scesi in strada ieri sotto la sede della Regione in via Cristoforo Colombo a Roma per far sentire ancora la propria voce e per difendere i propri diritti.
“La gara centralizzata – spiega in una nota il Cobas – si è svolta, sia nella fase di valutazione delle offerte che in quella in corso di subentro delle società aggiudicatarie nelle singole Asl/Aziende ospedaliere, in grave violazione delle norme previste nel codice degli appalti e nello stesso capitolato di gara. La Regione Lazio e le Asl/Aziende ospedaliere hanno acconsentito al demansionamento di massa del personale da anni addetto a tali attività e alla riduzione delle retribuzioni, permettendo la stipula di contratti di lavoro assolutamente illegittimi, a causa dell’errato inquadramento del personale e dell’assenza della griglia oraria individuale, clausola essenziale nei contratti di lavoro a tempo parziale”.
Al momento il 60% del personale è già forzatamente passato alle dipendenze delle nuove società.
Le lavoratrici e i lavoratori del Cup chiedono la costituzione di un tavolo in Regione Lazio, con la partecipazione di tutte le parti sociali, “che renda giustizia – conclude il Cobas – sugli inquadramenti di tutto il personale coinvolto nella vertenza e sulle clausole imposte nei contratti già sottoscritti con le nuove società”.