La notizia è stata data ieri dal Giornale della famiglia Berlusconi.
Dalla visura camerale della Di.Bi Tec., la società della famiglia di Alessandro Di Battista, che è uno dei due soci di maggioranza, ha cinquantatremila e 370 euro di debiti verso i dipendenti; 151.578 euro di debiti verso le banche; 135.373 euro di debiti verso i fornitori; 60.177 euro di debiti tributari.
“Costituita il 20/09/2001 dal padre di Alessandro, Vittorio Di Battista (che è presidente del consiglio di amministrazione) – racconta il Giornale – la Di.Bi Tec ha sede a Roma, in via Latina numero 20, e ha come oggetto sociale ‘la produzione industriale, la lavorazione di manufatti in ceramica e affini, di apparecchi igienico sanitari’. Tra i prodotti più commercializzati c’è «Sanisplit», una cassetta per la triturazione ed evacuazione delle acque reflue. La società ha un capitale sociale di 15mila euro e a lavorarci sono due dipendenti, almeno al 30/06/2018”.
“I soci – continua – sono cinque e si sono così suddivisi le quote: Alessandro Di Battista (30%), Maria Teresa Di Battista (30%), Vittorio Di Battista (20%), Leonardo Salvini (15%), Carmela Traversari (5%). Lo stesso Alessandro, in maniera trasparente, ha in passato dichiarato, durante il mandato parlamentare, di essere membro della società fondata dal sanguigno padre, che lo scorso maggio consigliava, e scriveva, di assaltare il Quirinale come fecero i parigini con la Bastiglia. La società ha presentato l’ultimo bilancio nel 2016. A mancare è il bilancio del 2017. Disattendendo quanto disciplinato dal codice civile, una delle ragioni della mancata presentazione – secondo gli analisti – potrebbe essere la sofferenza della società che in passato aveva raggiunto ottimi risultati in termini di fatturato, ma che oggi è scesa a 426.352 euro. Negli ultimi esercizi, i numeri dimostrano che la Di.Bi Tec è gravata da importanti debiti verso le banche oltre che verso i fornitori. La Di.Bi Tec deve alle banche 151.578 euro mentre i debiti verso i fornitori sono 135.373 euro. Potrebbero essere debiti di un’azienda che tenta coraggiosamente di sconfiggere la crisi proteggendo i dipendenti, ma dalla visura camerale sono proprio i dipendenti i soggetti che vantano dalla famiglia Di Battista importanti crediti. I debiti verso i dipendenti ammontano infatti, nell’ultimo esercizio, a 53.370 e sono cronici. Ad attestarlo è sempre la visura alla voce ‘altri debiti’. L’anno precedente (2015) il debito era di 38.238 euro. Insomma, in un anno la voce è aumentata nonostante si sia ridotto di quasi il 20% il costo del personale”.
“La Di.Bi Tec – ancora il Giornale – è debitrice anche nei confronti dello Stato. A pesare ci sono infatti i mancati versamenti tributari. Si tratta di 60.177 euro (in cui la parte del leone lo fa il debito Iva) e anche questi si sono innalzati rispetto all’esercizio precedente, quando a bilancio erano iscritti 40.550 euro. Oltre ai debiti tributari, la società della famiglia Di Battista ha debiti anche verso ‘gli istituti di previdenza e sicurezza sociale’. I debiti verso l’Inps sono di 7.715 euro e questi – a conferma della buonafede con cui si estrapolano i dati sono leggermente diminuiti: nell’esercizio precedente erano di 8.244 euro. I revisori dei conti, visionati i dati, registrano che la società ha ridotte dimensioni (non ha dirigenti). Un debito di 53.370 euro verso i dipendenti è spia di ritardi notevoli nei pagamenti. Nonostante numeri così compromessi, in realtà la Di.bi Tec srl possiede dei titoli bancari Carivit pari a 116.227 euro. In pratica, titoli che potrebbero dare sollievo e ripianare i debiti, ma che, a leggere i bilanci, si è preferito accantonare anziché utilizzare per estinguere e risanare. Lontano dall’Italia, dove intende rientrare prima di Natale, Alessandro Di Battista, solo poche settimane fa, difese il padre di Luigi Di Maio e si scagliò in maniera feroce contro i genitori di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Oggi, più che mai, si devono riportare le sue frasi: ‘Renzi e la Boschi hanno la faccia come il culo'”.
Immediata la replica dell’ex parlamentare: “Mio padre, ad oltre settant’anni, lavora come un matto, il carico fiscale è enorme. L’azienda ha avuto difficoltà a pagare puntualmente i tre dipendenti (tra cui mia sorella). Ciononostante l’azienda tira avanti, così come tante altre, sperando che i colpevoli, che oltretutto oggi provano, in modo scomposto, a fare i carnefici, vengano cacciati, una volta per tutte, dalle istituzioni”.