Riceviamo e pubblichiamo*.
E’ ormai dall’anno 2016 che moltissime aziende agricole e zootecniche della Tuscia e del Lazio che hanno scelto di fare qualità ed eco-sostenibilità, si trovano in ginocchio per la mancata erogazione dei contributi previsti per la misura 10 del Psr Lazio.
Sono le aziende che hanno optato per conservare le specie animali autoctone ed il loro patrimonio genetico, scegliendo di guadagnare forse un po’ di meno, ma di salvaguardare il patrimonio zootecnico regionale e locale, sono le aziende che hanno riconvertito in pascolo e prato-pascolo i seminativi, sono le aziende che hanno scelto di inerbire. Insomma sono tutte quelle aziende che vogliono salvaguardare la tipicità, l’eco-sostenibilità e il futuro del nostro ambiente. Tali aziende, già falcidiate dalle mancate erogazioni della misura del biologico e del benessere animale negli stessi anni, con gravissimi danni e ripercussioni sull’equilibrio economico, e massacrate dalle avversità atmosferiche e dalle invasioni degli ungulati selvatici, si ritrovano oltre il danno anche la beffa.
“Rimanere dal 2016 senza contributi agroambientali è agghiacciante – commenta Eleonora Gabrielli – giovane dirigente Coldiretti di Monte Romano e dirigente Coldiretti provinciale – alleviamo vacche maremmane al brado per passione e pura dedizione, per salvaguardare la nostra razza autoctona, per concimare i terreni in modo naturale con un allevamento all’aperto 365 giorni all’anno, per fornire ai consumatori prodotti indenni da qualsiasi accostamento con sostanze chimiche; garantiamo il benessere degli animali, che non ci pagano da tre anni, e conserviamo la tradizione della Maremma, ma siamo stremati, prima ci invitano ad aderire alle misure del Psr e poi la Regione Lazio ci massacra non erogandoci nulla e dicendo che i sistemi non funzionano, mentre le spese di gestione galoppano”.
Interviene sulla questione anche il direttore di Coldiretti Viterbo Alberto Frau: “Non è pensabile che si obblighino gli agricoltori e gli allevatori a rispettare un disciplinare in modo ferreo per garantire la salubrità e il rispetto dell’ambiente, facendogli ovviamente ottenere minori produzioni date dal mancato uso di prodotti chimici in aiuto, e poi ci si disinteressi totalmente del loro futuro come sta facendo l’assessorato all’agricoltura della Regione Lazio, che ancora ad oggi promuove il benessere animale e non lo paga, promuove il biologico e non lo paga, promuove la conservazione delle razze e delle piante e non le paga; capisco un anno di ritardo, non ne capisco due, ma siamo al terzo anno e le aziende chiudono i battenti. Non risolvere un problema di tre anni significa non essersene preoccupati, non c’è altra spiegazione e se i sistemi informatici, che costano fior di milioni di euro, non funzionano a dovere, che si faccia di tutto per farli funzionare; non aspetteremo oltre, siamo pronti alla mobilitazione”.
A supporto interviene anche il presidente di Coldiretti Viterbo Mauro Pacifici: “La misura è colma, qui si gioca sulla pelle degli imprenditori più virtuosi, una Regione che non punta sul biologico, sull’ambiente e sulla biodiversità, su cosa starebbe puntando? L’assessorato all’agricoltura ed ambiente deve dare risposte immediate; che non passi anche questo anno senza che i produttori non siano pagati o diventeremo la cenerentola d’Italia, ma non staremo a guardare”.
*Federazione Provinciale Coldiretti Viterbo