Viterbo non è una città razzista, si è detto da più parti, nei giorni scorsi, quando si è trattato di commentare la manifestazione del Pd in piazza del Comune. Sicuramente è così, nel senso che la maggior parte dei viterbesi non lo sono, ma intanto la comparsa di questi cartelli non depone a favore dell’immagine della città e fa presupporre che qualcuno razzista lo sia davvero. Motivo per cui – anche laddove i veri razzisti si contassero sulle le dita di una sola mano – si pone comunque l’esigenza di sensibilizzare l’opinione pubblica contro l’intolleranza e la violenza, atteggiamenti che, alla luce del clima che si respira oggi nel Paese, potrebbero purtroppo trovare “ospitalità” nella mente di qualcuno particolarmente suscettibile al richiamo della foresta.
Questo – cioè la sensibilizzazione, al di là della partecipazione o meno delle folle – era lo scopo della manifestazione in piazza organizzata dal Partito democratico, che invece è stata utilizzata da alcune forze politiche per orchestrare l’ennesima campagna populistica nel tentativo di lisciare il pelo all’opinione pubblica senza rendersi conto che quello attuale è un momento troppo delicato per continuare a soffiare sul fuoco e ad alimentare lo scontro.
Detto ciò, è di tutta evidenza che sarebbe opportuna una presa di posizione netta e chiara delle istituzioni, compresa la Chiesa, che invece fino ad ora si sono tenute lontano dal tema. Senza considerare che alcune dichiarazioni rilasciate da taluni esponenti della nuova giunta – forse desiderosi di emulare la Lega dura e pura che imperversa in alcune città del Nord, e quindi di mettersi in mostra agli occhi del ministro dell’interno – rappresentano benzina sul fuoco capace potenzialmente di far divampare incendi ben più pericolosi dei piccoli focolai di questi giorni.