“Se fate un giro in primavera per le campagne della provincia – spiega l’ex sindaco di Corchiano Bengasi Battisti – lo notate subito perché il colore dell’erba, insolito, contrasta con i toni e le sfumature tipici della stagione”. E’ il giallo, come si vede nella foto, dei terreni che avrebbero subito trattamenti a base di glifosato, il potente erbicida di cui si è tornati a parlare in questi giorni dopo che la multinazionale che lo produce è stata condannata a pagare un risarcimento di 300 milioni di dollari nei confronti di un giardiniere americano ammalatosi di tumore alla pelle.
Il diserbante più diffuso al mondo, utilizzato in 750 prodotti per l’agricoltura, secondo la corte federale di San Francisco è cancerogeno, nonostante, va detto, a livello scientifico non ci sia ancora una posizione univoca su questo punto.
Chi da anni nella Tuscia sta conducendo una battaglia senza sosta contro l’impiego di questa sostanza, ma non solo questa, è, insieme a pochi altri amministratori, proprio l’ex sindaco di Corchiano. Battisti l’anno scorso arrivò persino a chiedere che ne fosse vietato l’uso: “Le istituzioni locali dovrebbero con efficacia utilizzare lo strumento della resistenza normativa locale anche mettendo al bando il pericoloso erbicida che mette a serio rischio le nostre falde acquifere, rese vulnerabili dalla presenza dei numerosissimi pozzi artesiani e delle tante ex cave che le hanno esposte”.
A destare allarme nel 2017 furono i risultati della ricerca condotta su 14 donne romane in stato di gravidanza. In tutte le donne esaminate su iniziativa del “Salvagente” e dell’associazione “A Sud” furono riscontrati quantitativi dell’erbicida. “Il glifosato – dice Battisti – arriverebbe dunque nelle nostre tavole anche attraverso i cibi che mangiamo e l’acqua che beviamo. Un nemico invisibile che contamina gli esseri viventi attraverso la terra che si calpesta e l’aria che si respira e che è alla base di quel modello agroindustriale fondato sul controllo delle sementi e sulle monocolture che sottraggono ricchezza e salute ai contadini e agli abitanti”.
Nelle sue recenti indagini, Ispra ha riscontrato la presenza di 259 pesticidi nelle acque italiane, con il glifosate che insieme al suo metabolita Ampa, presenta il maggior numero di superamenti (rapporto Ispra 2015/2016). Nel 2016 nelle acque superficiali, il glifosate risulta superiore agli standard di qualità previsti dalla norma nel 24.5% dei siti monitorati e del suo metabolita Ampa nel 47,8%. Anche nelle acque sotterranee la presenza delle pericolose sostanze supera gli standard qualitativi nel 8,3% dei punti di monitoraggio.
Battisti non vuole però criminalizzare gli agricoltori. Anzi: “Il futuro delle comunità – sottolinea – si fonda sugli equilibri biologici e la loro tutela rappresenta il principale dovere di ogni abitante che può esercitarlo con un consapevole protagonismo e con una forte alleanza tra agricoltori responsabili e abitanti-consumatori coscienti”.