“Bisogna tornare a respirare insieme, a pieni polmoni, curando una sorta di ‘enfisema polmonare che ha debilitato la società e impoverito la politica”.
Lo ha detto Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, in occasione della sua Lectio magistralis, svolta su invito del Centro Documentazione e Studi dei Comuni Italiani (Anci- Ifel). Il sindaco di Ascoli Piceno e presidente dell’Ifel, Guido Castelli, ha aperto i lavori, coordinati dal direttore del Centro, Lucio D’Ubaldo, e poi concluso
dal saggista e critico letterario, Filippo La Porta. De Rita è entrato subito nel merito delle questioni offrendo una lettura stimolante dei processi che attraversano la società. La crisi – a suo giudizio – ha aggravato una tendenza degli italiani a chiudersi nel proprio mondo, angusto quanto sia, per difendersi dalle insidie del cambiamento. “In passato, specie negli anni a ridosso della seconda guerra mondiale, il Paese ha dato mostra di condividere una speranza, un sentimento di riscatto, una volontà rigeneratrice, per costruire una nazione più moderna e civile. Ci siamo riusciti, ne dobbiamo essere fieri.
Oggi invece prevale la logica della chiusura e dell’egoismo. È un dato che interessa tutto l’occidente, ma trova più risonanza, e anche più consistenza, nella cornice civile e politica dell’Italia”. Sembra, in sostanza, che lo slogan di Trump (America First) sia l’anciraggio di ogni aspettativa di sicurezza e di benessere. Tutti vogliono essere “first”, gli italiani come gli americani, con il rischio – sostiene De Rita – che “di questo passo ogni comunità rivendichi il diritto a isolarsi, fino al punto che l’isolamento diventi la bandiera del singolo”. È una strada sbagliata. L’Italia ha tutto da perdere dalla dissipazione del suo patrimonio di solidarietà, al cui centro opera la vocazione al “respirare insieme”.
Da dove ripartire, allora, se si vuole uscire bene, con slancio e volontà di futuro, dai postumi di una lunga crisi? “Penso, ha sottolineato De Rita, che occorra ripartire dalle comunità, dagli enti locali, dai nostri comuni, e perciò dai sindaci e dagli amministratori locali. Nell’Italia dei comuni si può e si deve ritrovare la cultura del dialogo. Con essa si riscopre infine la possibilità di un “ricominciamento”, superando le fratture e le chiusure, ovvero quel sottile e robusto incitamento alla prevaricazione del proprio io, quel rancore individuale e di massa altamente lesivo della coesione nazional-comunitaria. Dai Comuni viene il futuro, oggi più di ieri, perché è facile pensare che a questo livello non funzioni il meccanismo della regressione corporativa e individualistica. I sindaci sono naturalmente interpellati, più di altre figure politico-istituzionali, affinché questo necessario lavoro di ricostruzione morale e civile dell’Italia avvenga secondo un parametro di solidarietà e partecipazione. Il luogo e il tema della rinascita dell’Italia – ha concluso De Rita – si identifica con il nuovo sviluppo delle diverse comunità locali, nel segno di una ritrovata capacità di leadership di una classe dirigente, già formata o in via di formazione, presente sul territorio”.