di Cristian Coriolano
A differenza di altre attività umane, come ad esempio l’organizzazione e lo sviluppo dello spazio economico, la politica non può trovare nell’utilità il suo coronamento. Quando si cita il rispetto dell’interesse generale, facendone la cifra dominante dell’impegno al servizio della società e delle istituzioni, si traccia una linea di confine morale oltre la quale l’abbrutimento (individuale e collettivo) rappresenta un’ipoteca sempre in agguato. Pertanto, in questa cornice, la riforma della politica è l’anelito di speranza per strappare l’Italia al suo declino di nazione civile.
Da una premessa forte discende una conseguenza, anzi più conseguenze, di natura altrettanto forte. Siamo in una fase complicata della vita pubblica. Gli equilibri parlamentari non permettono di stabilire quale sia la “maggioranza naturale” sulla quale impiantare la formazione del governo. Dopo aver chiuso il confronto con la Lega, il M5S prova la strada della collaborazione con il Pd. Se dovesse fallire anche questo tentativo, l’ombra dello scioglimento delle Camere si farebbe più scura e minacciosa. Non è nelle mani di Mattarella la bacchetta magica per evitare il cupio dissolvi della legislatura appena nata.
Sì può tornare al voto senza timore che il Paese subisca duri contraccolpi? Nessuno è in grado di rassicurare la pubblica opinione sul rischio di instabilità finanziaria, visto che la speculazione trova sempre in estate il momento più facile per sferrare il proprio attacco. Non per nulla, in questo orizzonte di preoccupazione, il Quirinale ha fatto appello al “dovere del governo”, ossia alla responsabilità dei partiti in ordine alla costruzione di un’intesa per uscire dallo stallo post-elettorale. Ora, nel rispetto del bene comune, l’interesse del Paese sta nella ricerca di un nobile compromesso tra le forze in campo. Ci sono diversi modi per adempiere a questo compito di solidarietà politico-istituzionale, al limite anche quello della semplice astensione parlamentare. Un governo di minoranza – sostanzialmente, con i numeri alla mano, un monocolore 5 Stelle – potrebbe costituire lo sbocco di una logorante e convulsa disputa sulla conquista di Palazzo Chigi.
Fico proverà a sbloccare la situazione e per il Pd non sarà agevole sottrarsi al confronto sulle scelte di governo. Finora Renzi ha gestito con sagacia la linea dell’autoisolanento, con l’obiettivo (in parte già raggiunto) di logorare le aspettative dei presunti vincitori del 4 marzo (Lega e M5S). A questo punto la sagacia deve produrre uno sforzo di fantasia, un atto di buona volontà, un esempio di intelligenza ed equilibrio politico. Non è detto che il “dovere del governo” comporti un cedimento sui principi e gli indirizzi pratici che ne discendono. Forse, salvaguardata l’integrità e riconosciuta la vigoria del fronte riformatore, bisognerà andare avanti ancora a piccoli passi. Se così fosse, Mattarella sarebbe “costretto” a concedere altro tempo, pur non avendone molto a disposizione. La partita a scacchi continua.