di Cristian Coriolano
L’incarico esplorativo che Mattarella ha affidato al Presidente della Camera ha margini molto stretti, visto che mira a verificare puntualmente le condizioni per un accordo tra Pd e M5S. D’altronde anche Mattarella si muove, dall’inizio delle consultazioni, entro gli stessi margini angusti: deve stimolare la convergenza dei partiti, ma non può forzare la loro libertà di condotta. A Casellati ha chiesto di sondare il terreno per un governo tra grillini e centrodestra. Esaurito questo tentativo, cos’altro rimane? Per ora, appunto, solo l’ipotesi di una formula alternativa è speculare, con l’unico elemento di continuità rappresentato dalla funzione centrale dei Cinque Stelle.
Il tentativo di Fico sembra destinato all’insuccesso. Grava pertanto sui Palazzi romani un’atmosfera di pessimismo, perché Mattarella si trova a regolare una partita nella quale i giocatori pretendono d’imporre una loro regola, fino a mettere in ombra il ruolo dell’arbitro. L’aspetto più delicato della vicenda è che attorno al Quirinale si addensa a questo punto la critica dei delusi, come se la delusione fosse originata dal comportamento del Capo dello Stato. La reazione di Salvini la dice lunga sullo stato d’animo di un mondo di destra, pronto a sguainare la spada non appena s’incrina la possibilità di agguantare lo scettro del potere. Ieri, a dimostrazione di antiche vocazioni, il leader leghista a minacciato una “passeggiata a Roma” qualora il governo fosse quello disegnato a misura dell’incarico a Fico.
Ora, di fronte a un linguaggio così sgraziato, dovrebbe essere unanime la controreplica delle forze politiche. Anche di Berlusconi, purtroppo agghindato secondo le circostanze a capopopolo o statista europeo, in un misto di pulsioni e convenienze dai risvolti contraddittori. È una tattica che ha reso frutti nel ventennio appena trascorso, sebbene a costo di una caduta di tono della politica nel suo complesso. In ogni caso, se Berlusconi intende rivendicare la sua primazia morale nel centrodestra, come si è sforzato di accreditare nel gioco di logoramento del suo giovane alleato, proprio in questo passaggio estremamente delicato dovrebbe prendere le distanze dal frasario avanguardista di Salvini.
Fico può fare bene, malgrado le difficoltà legate al suo incarico, se integra e supera lo schema di Di Maio. A lui infatti spetta di qualificare il tema dell’alleanza, perché l’elenco delle cose da fare non è di per sé sufficiente. L’alleanza si nutre di un qualche sentire comune, come il rifiuto della retorica populista di destra, abbandonando le spericolate acrobazie di chi nel Movimento è persino giunto a sdoganare la flat tax. Fare passi avanti, nel solco della chiarificazione di un disegno politico coerente con le grandi scelte dell’Italia repubblicana, darebbe un forte impulso alla risoluzione dei nodi di questo complicato esordio di legislatura. L’esploratore potrebbe delineare un percorso possibile, non limitarsi semplicemente alla presa d’atto degli ostacoli che bloccano il cammino. Dunque non appare inutile il suo lavoro, nonostante abbia inizio sotto il segno della missione impossibile. L’esploratore deve esplorare con intelligenza e caparbietà.