di Cristian Coriolano
L’imprevedibile Berlusconi combatte una battaglia sul filo del rasoio, pronto a cambiare schema pur di evitare l’abbandono delle scene. Adesso, nella giornata elettorale del Molise, sembra persino rassegnato allo scioglimento delle Camere (vedi intervista, stamane, al Corriere della Sera). Infatti si limita a dire che è un peccato costringere il Presidente della Repubblica a portare di nuovo, nel giro di pochi mesi, il Paese alle urne. In sostanza, dopo aver messo all’angolo Salvini con una asfissiante strategia di contenimento e sfida, a due passi dalla possibile investitura del leader leghista da parte di Mattarella, l’atteggiamento del Cavaliere muta.
Fino a che punto si tratta di vero mutamento? Superficialmente il centrodestra ritrova la sua compattezza, con l’allineamento al discorso di Salvini che incita i 5 Stelle a scegliere, pena la fine anticipata della legislatura. Effettivamente, però, questa unità rischia di durare il tempo di poche ore, essendo chiaro che Mattarella non intende assecondare l’eventuale richiesta di scioglimento. Il percorso seguito dal Quirinale è molto stretto, ma non porta direttamente a registrare la volontà della “forte minoranza” (37 per cento) rappresentata dal centrodestra. Anche se Salvini dovesse ricevere l’incarico – a carattere esplorativo o pienamente operativo – non avrebbe il significato di un’ultima chance prima del voto anticipato.
Berlusconi, dunque, vuole togliere alibi a Salvini. Se questi chiede di abbassare i toni verso i grillini, Berlusconi li abbassa. Ma i paletti restano, le condizioni per un governo con Di Maio non cambiano. Il famoso passo indietro o di lato rimane, per così dire, una richiesta inevasa. L’accordo si può fare a patto che tutto il centrodestra vi partecipi a pieno titolo. Al M5S è fatto obbligo, per il tramite di Salvini, di accettare Berlusconi. E la sentenza di Palermo rafforza, dal lato di quest’ultimo, la pregiudiziale: senza Forza Italia (e il suo leader) l’intesa con Di Maio va a farsi benedire. Dunque, il confronto si tinge di un colore più roseo, ma sotto il colore vige la stessa disputa che travaglia il centrodestra dal giorno dopo le elezioni.
Gli occhi sono rivolti al Molise. La vittoria farebbe nuova linfa alla leadership berlusconiana. Questo allontanerebbe il timore dell’escalation leghista ai danni di Forza Italia e, quand’anche Salvini fallisse nel suo tentativo di formare il governo, darebbe forza a una ripresa del progetto di una intesa istituzionale vasta (con il Pd chiamato ad assumersi una quota di responsabilità. In definitiva si procede ancora tra alti e bassi, solo con qualche apparente chiarificazione. Di fatto Mattarella si trova a maneggiare una crisi che non prevede, in mano ai contendenti, l’arma segreta per una soluzione del conflitto. Il nodo non si scioglie né con la forza né con il consenso, come avrebbe detto Moro. E quindi è difficile scioglierlo.